giovedì 16 ottobre 2008

E avanti così!

Ottimo successo e grande partecipazione dell'assemblea di oggi...
...ora siamo al lavoro per scrivere una bozza che discuteremo insieme lunedì.

Nuova assemblea, sempre a sociologia, aula 412 ( quarto piano, tranquilli c'è l'ascensore) ore 18.

L'immagine qua sotto, potete scaricarla e DIFFONDERLA!!


p.s.
è probabile che chi ha lasciato l'indirizzo email arrivi direttamente per posta l'immagine :-)

3 commenti:

Anonimo ha detto...

ciao a tutt@,
veramente interessante e partecipata l'assemblea di oggi. Circa 100 persone, più di venti gli interventi.
Un buon inizio, a lunedì!

Alcuni spunti e stimoli si possono leggere in questa inchiesta di Gigi Roggero, uscita su il manifesto di oggi

Diario di viaggio per ricercatori dentro e fuori la rete

C’è un aspetto della crisi finanziaria globale finora rimasto sotto-traccia: potremmo, in termini classici, definirlo la riconfigurazione della relazione tra forze produttive e rapporti di produzione. Traducendolo nel contesto presente, il capitale va in crisi laddove non riesce più a mettere a valore la potenza del lavoro cognitivo. Anzi, per poterla controllare e catturare, è continuamente costretto a bloccarla e limitarla. A partire da questa angolazione critica è possibile leggere alcuni recenti libri sull’università e la produzione di saperi. È il quadro in cui si è sviluppato il progetto «Ibridamenti», sperimentazione di un nuovo modello di fare ricerca attraverso un blog collettivo che assume la rete come punto di trasformazione radicale e irreversibile, la discussione, scandita dall’incontro tra blogger e ricercatori accademici, è raccolta in un volume curato da Maria Maddalena Mapelli e Roberto Lo Jacono (Pratiche collaborative in rete, Mimesis, euro 16). Il punto di partenza è incontrovertibile: l’università moderna, nella sua idea humboldtiana basata sull’alternativa ovvero articolazione di formazione umanistica e specializzazione professionale, è definitivamente morta. Ambizioso l’obiettivo: il social network e il blog (nato come diario elettronico) possono diventare i luoghi dell’«intelligenza connettiva», ibridando i flussi di conoscenza in rete e una nuova idea di multiversity, considerando il virtuale come spazio di aggregazione e di conflitto.

Tuttavia, talora il dibattito di «Ibridamenti» sembra scivolare su un’immagine eccessivamente debole e apologetica del network. Da un lato, finalmente esauritasi la maschera della rappresentanza e delle forme di organizzazione ad essa connesse, spesso emergono in rete nuove «maschere», che ripropongono identità comunitarie a cavallo tra online e offline, oppure declinano la liquefazione del confine tra pubblico e privato dal punto di vista dell’individuo proprietario internettiano, che assume le sembianze – solo apparentemente antitetiche – dell’anonimato e dell’autorialità. Dall’altro, la «generazione di contenuti dal basso» è continuamente in tensione con i processi di valorizzazione capitalistica. Il web 2.0 è infatti anche il territorio dell’«economia dei beni comuni», cioè della concreta forma della ricoduzione della rete a una logica capitalistica. Nell’accurata analisi sul funzionamento dell’università americana (How the University Works, New York University Press) lo studioso statunitense Marc Bousquet mostra come la rete può anche rovesciarsi in strumento di precarizzazione della forza lavoro (innanzitutto gli studenti), di smaterializzazione del rapporto antagonista, o addirittura in luogo di formazione virtuale del management della corporate university.

Allora, ci si chiede nel laboratorio di Ibridamenti, come può l’università uscire dalla crisi? È l’interrogativo attorno a cui ruota anche il testo di Roberto Perotti (L’università truccata, Einaudi). Sgombriamo il campo da possibili fraintendimenti: la critica mossa dall’autore a ogni nostalgia conservatrice è affatto condivisibile. Non c’è nulla da difendere dell’università italiana: per di più, sostiene Perotti, le riforme sono fallite e la proposta delle fondazioni è una bufala. Ma le «ricette per rilanciare l’università», prima ancora che criticabili per la loro ideologica aziendalista, risultano alquanto impraticabili. Se l’università diventa impresa, scrive Perotti contro ogni evidenza, le imprese saranno disponibili a investire nell’università.

Vengono così dettati i principi della differenziazione, liberalizzazione e competizione su un mercato della formazione in Italia inesistente, affidando la valutazione del rendimento e del rispetto della meritocrazia a un sistema di peer review mitologicamente neutrale. In assenza di fondi, pubblici o privati, la crisi viene allora scaricata sugli studenti. Ridotti a capitale umano, dovrebbero pagare più tasse per investire nel proprio futuro, ovvero su ciò che nei mercati finanziari si chiama future. Non si tratta di un ritorno all’esclusione: siccome il bisogno formativo è incomprimibile, i prestiti d’onore (cioè la forma italiana del debito) consentono di utilizzare un welfare privatizzato. Si tratta di una devalorizzazione della forza lavoro e un preventivo attacco a un salario che ancora non c’è. Anche il debito è un tentativo di bloccare le forze produttive, messo in crisi dall’insolvenza delle figure del sapere vivo.

Del resto, puntare il dito sui corrotti e sugli «scandali del malcostume accademico» serve, tutto sommato, per salvare il sistema. Perotti finisce così per assumere una posizione conservatrice. Insomma, con buona pace degli apologeti dello Stato e di quelli del marcato, la corruzione è cifra e condizione di sviluppo di entrambi i termini, oltre che del loro rapporto. L’economia politica della cattedra gestita dai baroni è la via italiana all’aziendalizazione. Il problema allora non è il – fortunatamente impossibile- ritorno all’autoprocalamata comunità del sapere, o la restaurazione della distinzione tra pubblico e privato. A partire dall’organizzazione reticolare del sapere vivo si può invece finalmente pensare l’università nel segno del comune, per liberare la potenza del lavoro cognitivo bloccata dalla crisi. A differenza delle nostalgie feudali e dalla ricette imprenditoriali, questa non è utopia. Le pratiche degli ultimi anni e le mobilitazioni di studenti e precari di questo giorni incarnano l’intelligenza collettiva nella sperimentazione di forme organizzative che già hanno un nome comune: autoformazione.

Anonimo ha detto...

Per la convocazione di lunedì fate girare anche su
http://www.forumstudentitrento.it

Ci sono i topic aperti di tutte le facoltà e quello generale di attualità.

A lunedì.

La Marti ha detto...

Bellissima assembleotta oggi direi, ci cominciamo a muovere.
Avanti così :-)